Tarnawski P., MARTIRE DEL SISTEMA COMUNISTA

PIOTR TARNAWSKI
Postulatore
della Causa di beatificazione

MARTIRE DEL SISTEMA COMUNISTA

Al giovane sacerdote Findysz non fu facile svolgere il ministero durante le operazioni belliche. La guerra fece sì che ogni principio morale sembrasse scendere in secondo piano. Fu tanto più difficile inculcare i principi di amore di Dio e del prossimo in un tempo in cui regnava ogni tipo di odio. Don Findysz cercò con le parole e le con opere di richiamare all'osservanza della Legge di Dio. Organizzò anche l'aiuto materiale per i bi-sognosi e mantenne la corrispondenza con i parrocchiani deportati e costretti ai lavori forzati nel Reich.
Giunse l'anno 1944, il fronte si stava avvicinando. I nazisti fecero sfollare gli abitanti di Nowy Zmigród. Prima compirono il massacro degli Ebrei, ed uccisero anche numerose persone coinvolte nell'attività partigiana. Insieme con i suoi parrocchiani dovette sfollare anche il loro parroco. Don Findysz fece ritorno alla parrocchia nel gennaio del 1945. Zmigród era quasi completamente distrutta, e quanto era rimasto fu saccheggiato. Il sacerdote cominciò con slancio ad organizzare di nuovo la vita della località. Ordinò l'esumazione delle tombe, celebrò i funerali cristiani delle vittime di guerra. Per chiedere aiuto si recò nelle località vicine, che avevano sofferto di meno gli effetti degli eventi bellici. Nell'aiuto che cercò di portare comprese tutti gli abitanti della parrocchia, indipendentemente dalla loro nazionalità o confessione religiosa. Grazie a lui nume-ròse famiglie dell'etnia «lemka», minacciate dalle persecuzioni da parte delle autorità comuniste nell'ambito dell'azione «Vistola», evitarono uno spietato sfollamento. La zelante attività pastorale, mirante prima di tutto alla ricostruzione morale, dopo la bufera della guerra, della parrocchia e della prefettura di Żmigód, che si opponeva all'intensa, programmata ateizzazione comunista, non fu affatto gradita alle autorità di allora. L'Ufficio di Sicurezza sorvegliava Don Findysz, le autorità locali per due volte gli rifiutarono il permesso di soggiorno nella zona di confine, il che gli rendeva impossibile lo svolgimento del suo ministero in una grande parte della parrocchia, che si trovava in prossimità del confine con la Cecoslovacchia; fu sospeso nella funzione di docente di religione nel liceo locale.
Quando Papa Giovanni XXIII diede l'inizio al Concilio yaticano II, tutta la Chiesa sostenne spiritualmente l'opera di rinnovamento della Chiesa universale. In occasione della seconda sessione conciliare, i Vescovi polacchi esortarono i credenti ad aderire all'iniziativa chiamata «atti conciliari di bontà». Dovevano essere atti concreti, per esempio la sobrietà, l'aiuto al prossimo, la preghiera, la fedeltà ai comandamenti e simili, miranti all'approfondimento della fede e che volevano sostenere spiritualmente l'opera del Concilio Vaticano IL Nello stesso tempo Don Findysz, che aveva aderito con fervore alle iniziative dell'Episcopato in occasione del Concilio, cominciò ad accusare seri problemi riguardanti la salute. Nel settembre 1963, nell'ospedale di Gorlice subì un serio, e in quel tempo pericoloso, intervento chirurgico, l'asportazione della tiroide. Tornò nella parrocchia per la convalescenza, sotto il costante controllo dei medici, e contemporaneamente veniva preparato alla seconda operazione: asportazione del tumore dell'esofago. L'intervento venne programmato per il mese di dicembre, avrebbe dovuto prima di tutto salvare la sua vita e anche permettere a Don Ladislao il ricupero della salute. Durante il soggiorno a Zmigród Don Findysz, decise di inviare delle lettere ai suoi parrocchiani, nelle quali li esortava al rinnovamento della vita di pietà: alla pratica della vita sacramentale, a frequentare la chiesa, a smettere con l'alcool, e cessare le liti in famiglia e con i vicini, che davano scandalo. Inviò una parte delle sue lettere alle coppie di fatto, ricordando loro la necessità di riconciliarsi con Dio e con la Chiesa e offrendo ogni aiuto per potersi unire con un matrimonio sacramentale. Inviò quasi cento lettere del genere. Alcuni desti-natari si risentirono per questo fatto. Informarono la polizia che il parroco li stava costringendo alle pratiche religiose oppure negava a qualcuno i sacramenti.
L'autorità comunista aspettava pròprio una situazione di questo genere. Don Findysz fu convocato per essere interrogato. Appena giunto al commissariato venne subito arrestato, e nella sua abitazione si presentarono i funzionali dell'Ufficio di Sicurezza per la perquisizione. Le autorità organizzarono un processo contro un «nemico del popolo» accusando Don Ladislao che, come parroco di Nowy Zmigród, aveva costretto alcuni cittadini alle pratiche e ai riti religiosi, contravvenendo all'art. 3 del decreto del 5.08. 1949 sulla tutela della libertà di coscienza e di confessione.
Lo stato di salute di Don Findysz era ormai molto serio, ciononostante il processo «ormai» preparato ebbe luogo e Don Ladislao venne condannato dal Tribunale Provinciale di Rzeszów a due anni e mezzo di detenzione. Il sacerdote fu denigrato e diffamato dalla stampa nazionale. Scontava la carcerazione negli istituti di pena nel Castello di Rzeszów e nel carcere in Via Montelupi a Cracovia. La procura e il tribunale ripe-tutamente respingevano le sue domande di concedergli la possibilità di sottoporsi all'intervento chirurgico per salvarsi la vita.
In conseguenza dei rifiuti delle cure e per i maltrattamenti fisici e psichici, lo stato di salute di Don Findysz peggiorò drasticamente fino al punto in cui, in uno stato di estremo deperimento ottenne la libertà condizionata. I medici dell'ospedale specialistico di Wroclaw constatarono che a. causa di stato molto avanzato della- malattia tumorale e del deperimento dell'organismo, non era più possibile operarlo. Don Findysz tornò a Nowy Zmigród, per trascorrervi gli ultimi mesi di vita. Morì alcuni mesi dopo, il 21 agosto 1964. Il suo funerale divenne una grande manifestazione pubblica, nessuno nutriva dubbi riguardo al fatto che la sua morte era stata causata dai maltrattamenti da parte delle autorità comuniste.
Il ricordo di Don Findysz e della sua santa vita perdurava e continua ad essere vivo in coloro che lo avvicinarono. Perciò il 27.6.2000, il Vescovo Kazimierz Górny, ordinario della diocesi di Rzeszów, istituì un'apposita commissione e il tribunale per esaminare la vita, la santità e la morte per martirio del Servo di Dio. Fu raccolta la documentazione e furono ascoltati i testimoni. Gli atti del processo a livello diocesano furono tra-smessi alla Congregazione delle Cause dei Santi a Roma (18.10.2002).
Durante la tappa romana del processo di beatificazione i consultori teologi e in seguito i cardinali e i vescovi, membri della Congregazione, riconobbero che Don Ladislao Findysz fu arrestato e condannato per l'annuncio del Vangelo, e il periodo passato in carcere e le sofferenze fisiche e spirituali subite lo avevano portato alla morte e perciò doveva essere riconosciuto martire per la fede. Tale conclusione è stata presentata al Santo Padre, e da lui approvata. Il 20.12.2004, alla presenza del Santo Padre Giovanni Paolo II è stato promulgato il decreto della Congregazione delle Congregazione delle Cause dei Santi che riconosce Don Ladislao Findysz martire per la fede.
E la prima causa di beatificazione, ormai conclusa, che riconosce il martirio di una persona, vittima del sistema comunista in Polonia, e allo stesso tempo la prima causa di beatificazione svolta dalla Diocesi di Rzeszów.
Il Servo di Dio, Don Ladislao Findysz, difensore dell'ordine morale nei difficili tempi del totalitarismo comunista in Polonia, è un eloquente esempio di fedeltà a Cristo e alla vocazione sacerdotale, senza alcun compromesso, fino al sacrificio della vita.